Messaggi WhatApp e prova documentale

Commento Sentenza della Cassazione con 39529/2022

L’articolo riguarda un caso giudiziario in cui un imputato è stato condannato in primo e secondo grado per il reato di utilizzo indebito di strumenti di pagamento diversi dai contanti. Il suo ricorso in Cassazione si basava su quattro motivi, tra cui l’omessa applicazione dell’art. 131 bis c.p. e l’inutilizzabilità dei messaggi WhatsApp come prova documentale.

In particolare, l’imputato contestava la validità dei messaggi WhatsApp presentati come prova dalla parte offesa, sostenendo che non fossero utilizzabili in quanto non erano stati acquisiti formalmente agli atti.

Tuttavia, i giudici di Cassazione hanno ribadito che i messaggi WhatsApp e gli sms conservati nella memoria di un telefono cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen. Pertanto, la loro acquisizione mediante mera riproduzione fotografica è legittima, e non trovano applicazione né la disciplina delle intercettazioni né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 cod. proc. pen.

Inoltre, nel caso in cui non sia in corso alcuna sorta di intercettazione, il testo di un messaggio sms, fotografato dalla polizia giudiziaria sul display dell’apparecchio cellulare su cui esso è pervenuto, ha natura di documento la cui corrispondenza all’originale è asseverata dalla qualifica soggettiva dell’agente che effettua la riproduzione. Pertanto, è utilizzabile anche in assenza del sequestro dell’apparecchio.

Poiché nel caso in questione i messaggi erano stati scaricati sul computer della parte offesa, i giudici hanno ritenuto giusto considerarli prove documentali e quindi attendibili. In conclusione, la decisione della Cassazione conferma l’importanza dei messaggi WhatsApp e degli sms come prove documentali in un processo giudiziario.