L’intelligenza artificiale (AI) sta portando notevoli progressi nel campo della criminologia, ma è essenziale considerare le implicazioni etiche, i limiti e le sfide ad essa associate.
Il bias e la discriminazione rappresentano preoccupazioni cruciali. I modelli di AI addestrati su dati imprecisi o distorti possono perpetuare stereotipi e pregiudizi, causando discriminazioni ingiustificate. Assicurare dati accurati, rappresentativi e privi di pregiudizi è fondamentale per evitare conseguenze negative.La privacy e la sorveglianza costituiscono un altro aspetto critico. L’uso di tecnologie di AI, come il riconoscimento facciale e l’analisi dei dati su larga scala, solleva questioni riguardanti la privacy individuale e i diritti civili. Bilanciare la sicurezza pubblica con il rispetto della privacy richiede un’attenta valutazione e regolamentazione.
La responsabilità e la trasparenza pongono significative sfide nell’uso dell’AI nella criminologia. Determinare la responsabilità per le azioni dell’AI può essere complicato, soprattutto quando l’AI sostituisce il giudizio umano. Sviluppare normative e linee guida chiare è indispensabile per garantire un’adeguata attribuzione di responsabilità e trasparenza nei processi decisionali.
E’ tangibile la sensazione che a livello giuridico non si stia facendo nulla di che per controllare l’impatto dell’Intelligenza Artificiale, o che comunque il lavoro del legislatore in materia proceda troppo lentamente rispetto alla velocità con cui si evolvono le capacità dei nuovi strumenti neurali. Se i rischi di un utilizzo improprio si conoscono ormai da anni, le proposte concrete per prevenirli – e cioè che comportano obblighi e vincoli reali per le aziende sviluppatrici – stentano ad affermarsi, sia a livello europeo che internazionale, e le indicazioni fornite sin qui non danno l’idea di poter raccogliere la complessità della questione a cui siamo davanti. In Italia, come sempre, tutto tace.